Ho terminato la lettura di Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas da eoni. E dire, poi, che l'ho praticamente divorato quindi non avrei dovuto riscontrare particolari problemi nel parlarvene. E invece... Invece la mia vita mi è sfuggita un attimo di mano ultimamente. In sostanza non ho più il tempo di fare nulla, nemmeno leggere. Ho iniziato Gli eroi imperfetti di Stefano Sgambati l'1 luglio e l'ho terminato da poco, vogliamo parlarne? Per non nominare nemmeno la tragica situazione del mio fegato se continuo a mangiare fuori con questa frequenza. E quindi, vabbè, questa non è certamente la sede giusta per parlare della mia giornata tipo.
Comunque, andiamo con ordine, parliamo di un libro per volta. Parto dal libro che mi ha scossa di meno, di cui è decisamente più semplice parlare.
Se ti abbraccio non aver paura è un diario che racconta il viaggio in America di Franco e Andrea, padre e
figlio. Non racconterebbe una storia veramente degna di nota se non fosse che Andrea è un ragazzo affetto da autismo. Il romanzo (ma si potrà poi considerare un romanzo?) racconta non solo il viaggio, intrapreso in parte a cavallo di una moto, dall'Italia agli Stati Uniti, ma anche e soprattutto di quali sentimenti e quali emozioni leghino l'animo puro di Andrea alla forte personalità di Franco. Una storia molto dolce la narrazione della quale è intervallata da alcune parti di conversazioni scritte realmente da Franco e Andrea.
Incredibile come il mondo sia visto attraverso gli occhi di un adolescente autistico che accosta l'aggettivo "bello" a situazioni e contesti realmente differenti tra loro. Incredibile perché mostra al lettore quanto l'autismo amplifichi le emozioni e le renda uniche, indimenticabili.
Il tema dell'autismo è trattato in maniera poco approfondita, probabilmente perché lo scopo del romanzo non è informare il lettore dei lati negativi della malattia, ma mostrarne invece i lati positivi, quelli che fanno di Andrea un ragazzo dolcissimo e a suo modo romantico. Un romanticismo e una purezza d'animo che, senza esagerare, definirei ottocentesca.
La vicenda è narrata con uno stile molto semplice, oserei dire colloquiale. Non ho letto altro di Ervas, quindi non posso esprimermi circa il suo modo di scrivere. Non so, in effetti, se lo stile così semplice ed elementare sia da considerarsi tipico dell'autore o semplicemente voluto per rendere questa meravigliosa storia alla portata di tutti. Certo è che, grazie a questo romanzo dalle tinte tenui e dai colori pastello, la Marcos y Marcos mi ha incuriosita: leggerò sicuramente altro di Ervas.
Un viaggio tenero e leggero, da leggere su una panchina al parco.